LA MAFIA E LA CORONA DEL VIRUS
Ho
deciso di
proporvi
un interessante
articolo
pubblicato oggi su Repubblica dallo scrittore di “Gomorra”
sulla
“conversione” delle organizzazioni criminali mondiali all’epoca
del coronavirus. Buona lettura a
tutti...
LA
MAFIA DEL VIRUS. DALLA DROGA ALLA SANITA’, LA PANDEMIA AIUTA
L’ECONOMIA CRIMINALE
di
Roberto Saviano
Le
organizzazioni criminali sono come la Borsa, anticipano sempre le
direzioni. La natura dei mercati azionari non è fotografare la
crisi, ma prevederla; così, le mafie sentono gli affari prima che le
esigenze di mercato si definiscano. Cosa fanno i clan, le strutture
meglio organizzate del capitalismo contemporaneo, al tempo del
coronavirus? È quasi impossibile capirlo ora, ma possiamo cogliere
già dei segnali. Dall’osservazione di questi giorni sembra
emergere che le mafie non fossero in possesso di informazioni
maggiori rispetto agli altri.
Le
mafie beffate anche loro, come tutti, dal regime comunista cinese che
prima ha sottovalutato, poi nascosto e, quando era ormai impossibile
occultare, ha comunicato ufficialmente la diffusione del virus.
Nemmeno la mafia di Hong Kong (le potenti Triadi) aveva anticipato i
tempi orientando i suoi affari in vista della pandemia. Ora quello
che sta accadendo dal Messico al Kosovo, dall’Italia all’Iran è
che le mafie si stanno muovendo verso la grande speculazione.
Le
emergenze pubbliche aumentano la possibilità di guadagno per molte
imprese, non solo per le organizzazioni criminali, ma queste ultime
in particolar modo ne hanno un doppio vantaggio: affari e silenzio.
Qualsiasi emergenza monopolizza l’attenzione mediatica: i
meccanismi criminali non occupano più il loro spazio (già esiguo)
nelle cronache, l’imperativo della sopravvivenza domina su tutto.
Inoltre, in Paesi come l’Italia rallenta in forma finale la già
compromessa macchina giudiziaria. La pandemia è il luogo ideale per
le mafie e il motivo è semplice: se hai fame, cerchi pane, non ti
importa da quale forno abbia origine e chi lo stia distribuendo; se
hai necessità di un farmaco, paghi, non ti domandi chi te lo stia
vendendo, lo vuoi e basta. È solo nei tempi di pace e benessere che
la scelta è possibile.
Basta
guardare il portfolio delle mafie, per capire quanto potranno
guadagnare da questa pandemia. Dove hanno investito negli ultimi
decenni? Imprese multiservizi (mense, pulizie, disinfezione), ciclo
dei rifiuti, trasporti, pompe funebri, distribuzione petroli e generi
alimentari. Ecco, quindi, come guadagneranno. Le mafie sanno ciò di
cui si ha e si avrà bisogno, e lo danno e lo daranno alle loro
condizioni. È sempre stato così. Le mafie negli anni sono riuscite
ad infiltrarsi ai vertici del settore sanitario, come ha dimostrato
la condanna per mafia di Carlo Chiriaco, che poteva essere al
contempo direttore della Asl di Pavia e referente della ‘ndrangheta
nella sanità lombarda. Il business criminale vero non è quello dei
furti di mascherine destinate alla rivendita. Turchia, India, Russia,
Kazakistan, Ucraina, Romania hanno fermato o ridotto le esportazioni
di mascherine; 19 milioni di esemplari (tra Fpp2, Fpp3 e chirurgiche)
sono bloccati all’estero, nei Paesi di produzione o in quelli di
transito verso l’Italia. Chi negozierà gli sblocchi e i transiti,
secondo voi?
E
cosa succederà quando il cibo o la benzina inizieranno ad avere una
distribuzione più lenta? Chi riuscirà ad aggirare divieti ed
elargire beni senza soluzione di continuità? Le mafie. Ecco perché
– se ne discute in queste ore – non bisogna creare allarme sulla
possibilità di reperire cibo. Bisogna mettere in sicurezza gli
esercizi commerciali che vendono al dettaglio i beni di prima
necessità facendo nuove assunzioni, aumentando la turnazione e gli
stipendi; ogni chiusura favorisce solo le organizzazioni criminali.
Oggi più che mai la politica è chiamata a prendere decisioni che
determineranno la vita del nostro Paese nei decenni che verranno. È
nella stagnazione dell’emergenza che vedremo il potere delle
organizzazioni criminali, non in queste prime fasi, in cui si è
portati a vedere solo l’eroismo e l’abnegazione dei singoli e
l’intervento di uno Stato che si muove perentorio per rispondere
alla crisi assumendo il volto del salvatore (sarà solo dopo che ci
troveremo ad analizzare le mancanze, i tagli alla sanità, lo stato
di degrado in cui versano molti ospedali pubblici, gli stipendi da
fame riservati ai ricercatori).
Ma
non bisogna solo pensare alla dimensione italiana del fenomeno
criminale: gli aeroporti e le compagnie navali dell’Est Europa e
del Sud America che spesso vengono utilizzati per il traffico di
droga ora si stanno preparando ad accogliere le nuove merci richieste
dal mercato dell’emergenza. Come lo sappiamo? L’abilità delle
mafie è sempre stata quella di riuscire ad applicare schemi
commerciali vincenti a prodotti di volta in volta più convenienti. E
il mercato della droga al tempo dell’epidemia? L’emergenza ha
favorito cartelli e cosche sull’ingrosso: in questo momento i
controlli nei porti internazionali sono diminuiti, i carichi passano
con più facilità. Al dettaglio, c’è stata una iniziale impennata
poco prima del lockdown, quando la gente ha fatto scorte di droga
esattamente come ha fatto con gli alimentari. Fuori dai coffee shop
di Amsterdam c’erano file lunghissime (a volte più lunghe che nei
supermercati); a New York la marijuana gestita dagli spacciatori ha
avuto un aumento esponenziale nella distribuzione nelle ore in cui le
misure di chiusura sono state annunciate. I pusher hanno riempito i
propri magazzini, pronti a tirarla fuori nel momento in cui i prezzi
saranno saliti alle stelle; nel frattempo si sono liberati della
merce più scadente che avevano in giacenza, riuscendo a piazzarla a
un prezzo molto più alto rispetto a quello che il mercato
normalmente avrebbe consentito.
In
Italia, i clan hanno perso le piazze di spaccio e mantenuto un
residuale mercato mettendosi in fila davanti ai supermercati e alle
farmacie, che hanno sostituito scuole e parchi, ora chiusi. Hanno
cercato di incrementare le consegne a domicilio, confondendosi nella
schiera di runner che girano per le città, ma i controlli aumentati
nelle strade e l’imposizione di viaggiare da soli hanno reso questo
metodo difficile e rischioso. C’è, infatti, un elemento nuovo in
questa situazione. Sino ad ora le mafie hanno sempre potuto contare
su affari che coinvolgevano, anche in circostanze di emergenza,
movimenti di materiali, di mezzi, di persone: dai terremoti, alle
alluvioni, alle inondazioni. Per la prima volta si devono relazionare
con l’isolamento, con il non-movimento delle persone, con
l’immobilità. La domanda non è se di questo sapranno
approfittare, ma come. Come riusciranno a trarre vantaggio dalle code
infinite per entrare al supermercato, dalla difficoltà (per non dire
impossibilità) di fare la spesa online, dalle mascherine e dai
disinfettanti introvabili, dalla perdita di lavoro che sta
interessando il settore della ristorazione e del commercio in un
Paese già segnato dalla disoccupazione?
Per
osservare l’ultima epidemia che ha visto il crimine organizzato
arricchirsi, bisogna andare indietro al 1884, quando Napoli fu
devastata dal colera. Più del 50% dei decessi si registrò a Napoli.
Affinché una simile strage non accadesse più, il Parlamento
italiano approvò una legge per il risanamento della città di Napoli
e stanziò 100 milioni di lire per le opere di bonifica. Da quel
risanamento guadagnarono tutti: appaltatori corrotti e senza
scrupoli, ditte che vincevano le gare al ribasso per poi eseguire
lavori incompleti o di cattiva fattura, politici alleati delle
famiglie di camorra. Tutti, tranne la città di Napoli. La relazione
della Commissione d’inchiesta di Giuseppe Saredo del 1900 parlava
già allora di un’opera di «alta camorra». Fu una speculazione
così evidente che lo storico Pasquale Villari arrivò a dire:
«Meglio il colera che il Risanamento».
Ogni
emergenza ha visto la criminalità organizzata sempre in prima linea.
Durante la peste del ‘600 – raccontata da Salvatore De Renzi –
l’aristocrazia, che non riusciva più a gestire l’emergenza in
città, dovette fare accordi con le bande criminali, una sorta di
proto-camorra che prese in carico vari servizi, dal controllo delle
strade alla gestione dei cadaveri. Anche il settore agricolo, se non
protetto dalla speculazione, rischia il collasso e la totale
invasione criminale. Esiste un precedente. Come scrive Piero Grima
raccontando il colera in Sicilia nel 1867, i prodotti agricoli
scarseggiavano perché la manodopera malata o terrorizzata non
lavorava più nei campi. La mafia rurale decise di intervenire
proponendo un patto ai proprietari terrieri: fornire lavoratori (che
venivano costretti con minacce e ricatti, o scelti tra quelli più
affamati e disposti a tutto) in cambio di pezzi di latifondo.
Questo
accadeva 150 anni fa. Ma cosa potrebbe accadere oggi a una filiera in
cui i clan sono già presenti dai mercati ortofrutticoli al trasporto
sino al controllo della manodopera? Il rischio è che finiscano per
decidere loro prezzi e modalità. E cosa accadrà dopo, quando
l’emergenza sanitaria sarà finalmente passata? Come i migliori
manager, le mafie stanno pensando anche a questo. Per ogni
imprenditore sano che sta rischiando di chiudere il proprio
ristorante o il proprio negozio, c’è un clan che è pronto a
intervenire per strozzare o rilevare. Se lo Stato non agisce sin
d’ora sulle aziende in crisi, se attenderà una fase di minore
allarme, sarà tardi, tardissimo. Dove il coronavirus non arriverà,
arriveranno le mafie. Uno Stato che nel giro di un paio di settimane
ha invitato prima a chiudere, poi a sdrammatizzare e far girare
l’economia, e poi di nuovo a barricarsi in casa è uno Stato
debole, facilmente preda di qualsiasi forma organizzata il cui
principio di autorità è ottenuto tramite violenza e danaro pagato
subito.
Anche
l’Europa si è dimostrata totalmente impreparata. Le mafie non
rispettano i confini, non sono spaventate dalla sospensione di
Schengen, anzi, dalla chiusura ermetica dei confini traggono
vantaggio perché hanno i mezzi per arrivare ovunque e fare della
chiusura un’opportunità. Questa Europa ha tradito completamente le
aspettative e i sogni dei padri fondatori. Alla prima occasione di
emergenza ci troviamo in una situazione in cui le gelosie nazionali
impediscono la possibilità di avere una piattaforma comune per
valutare la pandemia. L’Europa oggi sembra anche voltare le spalle
al buonsenso e all’unico modo che abbiamo per salvarci la vita:
condividere tutto. Questa Europa, così com’è, finirà
probabilmente con il coronavirus, perché dopo tanta sofferenza, dopo
la paura, dopo l’impossibilità che l’essere umano sta avendo di
esserlo pienamente, forse nascerà qualcosa di diverso. Ora è il
tempo dell’emergenza, l’imperativo è sopravvivere. Esattamente
in contemporanea con l’epidemia, si stanno muovendo profitti e
interessi criminali: conoscerli è parte della sopravvivenza.
Tratto
dall’articolo di Roberto Saviano su Repubblica del 23 marzo 2020,
“La
mafia del virus. Dalla droga alla sanità, la pandemia aiuta
l'economia criminale”
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